In attesa che mi arrivini alcuni libri ordinati ormai due mesi or sono, ho preso a prestito uno dei libri d’azione che mio padre legge tanto volentieri, “Nome in codice: Red Rabbit” di Tom Clancy.

Tom Clancy è un acclamato scrittore di successo, al suo attivo ha un numero di romanzi notevoli, alcuni saliti alla ribalta per vari motivi, pensiamo a “La grande fuga dell’Ottobre Rosso”, da cui fu tratto un bellissimo film con Sean Connery, e al ciclo “Splinter Cell”, che fa da canovaccio ad un ciclo di videogames d’azione.

Le premesse quindi per un libro poco impegnato e divertente ci sono tutte.

Beh, starò invecchiando ma l’ho trovato pura spazzatura.

Si tratta di un tomo di oltre 500 pagine. La cosa non mi spaventa di sicuro.

Il problema è che nelle prime 90 pagine non succede assolutamente nulla.

90 pagine servono allo scrittore per dire:

  • che i Foley sono assunti alla stazione CIA di Mosca come funzionari ma in realtà sono entrambi (marito e moglie) spie.

  • che il sig. Andropov (mi pare presidente del politburo) sta pensando di uccidere il papa Giovanni Paolo II in seguito ad una lettera in cui minacciava di abbandonare il papato per tornare in polonia

  • che Jack Ryan, il protagonista, si è trasferito in Gran Bretagna ed ha un ufficio vicino ad un pub

  • che c’è un fuso orario tra Londra e Washington (giuro!)

Il resto sono elucubrazioni assolutamente inutili nella mente dei vari personaggi, riflessioni degli stessi sul tempo, sull’inerzia politica dei russi e sui successi finanziari.

Tutta roba che si poteva condensare in 20 pagine e sarebbero state anche troppe.

Ma possibile che questi autori non abbiano un minimo di umiltà di fare il proprio lavoro invece di rubarlo agli scrittori veri? o forse gli editori non prendono in considerazione certi testi se non assommano ad un tot di pagine?

Mai più, giuro, mai più prenderò in mano Clancy, Smith o compagnia cantante.