Presento, per curiosità di un amico, un articolo in due parti (spero solo in due!) di argomento prettamente matematico, ma con basi filosofiche e pratiche… Spero di non essere troppo pesante nelle spiegazioni, e spero i miei lettori non mi trovino troppo noioso.
Ovviamente, accetto volentieri critiche e suggerimenti.

Prima parte

La matematica è una scienza strana, difficile da inquadrare.





A differenza di tutte le altre discipline, i suoi limiti sono talmente flebili ed evanescenti che spesso invadono il campo della filosofia e della metafisica.





Ad esempio, i suoi progressi sono inquadrabili come invenzioni o come scoperte?





I suoi concetti sono frutto dell’ingegno dello studioso, o della perseveranza del ricercatore?





Se anche questa domanda pare banale con i concetti più semplici (i numeri naturali sono, in fin dei conti, identificabili facilmente in natura), mano a mano che si costruisce l’impalcatura della matematica moderna le nostre certezze iniziano a traballare.





FIn dall’antichità, i numeri naturali sono serviti come astrazioni di concetti basilari, se pur tali concetti non sono così immediati. Se è possibile contare un numero di pecore, cavalli, mele o uomini, il salto dal concetto di “oggetto” a quello di “numerosità” (che è un’attributo di un insieme) è tutt’altro che scontato. Né gli animali, né alcune popolazioni pre-civilizzate hanno il concetto, generico, di “numero” così come lo intendiamo noi, universale, ma lo applicano solo a “certe” numerosità. Oltre una certa numerosità, queste popolazioni ignorano il concetto di numero, ma applicano un concetto diverso: Uno, due, tre, molti... moltissimi.





Nel corso della storia il concetto di numero si è quindi evoluto.





In principio era, appunto, il numero naturale: 1, 2, 3...





Checché se ne possa pensare, lo zero fu introdotto come concetto molto più tardi. Lo zero è il concetto nel nulla, del mancante; già in Mesopotamia si usava lo spazio per indicare la mancanza di oggetti, ma fu solo con Fibonacci che lo zero, come cifra e come numero, entrò come astrazione nella matematica occidentale.





Con l’evoluzione delle necessità umane, si sono evoluti anche gli strumenti e i concetti matematici che risolvevano i problemi.





Se è semplice individuare una, due, n pecore, più complicato è esprimere il concetto di “parte” di pecora. Un macellaio poteva vendere una parte di pecora ad un cliente ed una parte ad un altro. Un carpentiere poteva necessitare di una lunghezza intermedia tra le 3 e le quattro braccia. Un vinaio poteva prelevare del vino da una botte.





Si rese la necessità di creare i numeri razionali per esprimere quelle numerosità intermedie tra le unità intere: un mezzo, un terzo, tre quarti e via discorrendo.





Se dunque fino ai numeri interi si era marciato sul terreno della scoperta (i numeri naturali sono, appunto, naturali perché riscontrabili negli oggetti che ci circondano), già con le parti si era reso necessario un salto concettuale che sfocia nell’invenzione.





Sconvolgente fu tuttavia la scoperta che questi numeri non erano sufficienti ad esprimere tutti i concetti del mondo che ci circondano.





Per secoli, matematici e filosofi hanno cercato inutilmente la soluzione della quadratura del cerchio. Racconta la leggenda che quando Ippaso da Metaponto capì che la diagonale di un quadrato non era esprimibile in termini frazionari, Pitagora, che credeva nell’assolutezza dei numeri, lo condannò all’uccisione per affogamento.





Il numero irrazionale è un numero inconcepibile in termini di logica spicciola.





E’ un numero che non è esprimibile in termini semplici ed esatti se non con il numero in sé. Lo stesso pi greco, che abitualmente indichiamo con il 3 e 14, non può essere espresso esattamente in modo diverso che con il simbolo π. La diagonale del quadrato è √2, non 1.4143... A differenza di 1/3 che può essere espresso esattamente con la frazione o con il numero 0,333..., con il 3 ripetuto all’infinito, i numeri irrazionali non si ripetono mai, anzi, è dimostrato che qualunque sequenza finita di numeri si scelga, prima o poi troveremo quella sequenza nello sviluppo di π.





Se i numeri irrazionali sono comunque stati “scoperti” come soluzione di problemi concretissimi (la divisione delle pecore o la quadratura del cerchio), di qui in poi il limite tra ricerca ed invenzione si fa più flebile





 





(continua)